L'angolo della Magia

L’aldilà nel pensiero magico-religioso: le anime

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L'aldilà nel pensiero magico-religioso: le animeL’aldilà nel pensiero magico-religioso: le anime

E’ opinione diffusa e condivisa da molti che i morti sappiano il futuro e possano, in qualche modo, comunicarlo attraverso i sogni o altri segni, ma pare che questa facoltà si riconosca in modo particolare ad alcune categorie di morti, i giustiziati (specialmente se decollati), che abbiano però lasciato il mondo pentiti, i morti di morte violenta più in generale, e le “anime del Purgatorio”, in virtù di due ordini di considerazioni: la loro condizione di anime in vario modo “sospese” tra l’aldilà e l’aldiquà, che rende più facile la comunicazione tra i vivi e i morti; il rapporto di reciprocità che con essi, anime derelitte, è più facile instaurare.

Le anime del Purgatorio sono le “anime abbandonate”, “pezzentelle”, i cui resti umani (consistenti quasi esclusivamente nei crani), rimasti non identificati, si conservano, nell’area napoletana, nei cimiteri e nelle catacombe che una volta erano extra moenia (fuori dalle mura della città) o negli ipogei di antiche chiese.

Si tratta dei resti dei morti di peste, morti in guerra, morti nelle carestie, naufraghi, stranieri sconosciuti, viandanti, mendicanti, ciechi, lebbrosi, e così via: l’immenso esercito dei morti senza nome, le cui reliquie venivano depositate nelle fosse comuni. Il culto delle anime del Purgatorio si fonda su un rituale di adozione: un persona sceglie un teschio dal mucchio anonimo e se ne prende cura, collocandolo in una cassetta di legno; da quel momento il teschio avrà una identità e sarà conosciuto da tutti col nome del devoto, di cui diventa una sorta di spirito protettore.

Alcune anime tuttavia possono avere una identità propria, indipendente dal devoto, ed una loro storia; al cimitero delle Fontanelle ancora negli anni Sessanta si poteva vedere il teschio del cabalista “Don Francisco”, che di notte mandava ai suoi fedeli, in attesa al cancello, le ombre che rivelavano i numeri.

Alla base del culto si è dunque innestato un meccanismo di scambio, in base al quale le anime diventano protettrici dei devoti, e fanno loro grazie, rendono giustizia, fanno previsioni, e danno o suggeriscono i numeri vincenti del lotto. Le anime comunicano a volte attraverso la possessione, o, più frequentemente, attraverso i sogni, in cui appaiono in forme umane o animali, oppure attraverso segni particolari: lo spostamento del teschio, dovuto al movimento di qualche topo, è un segno, che potrà essere tradotto in un numero.

Per l’ottenimento dei numeri si tenevano anche riti collettivi il venerdì che precedeva l’estrazione: gruppi di donne si ritrovavano nel vecchio camposanto di Napoli, e compivano giri intorno all’area delle fosse dei morti senza nome, tenendosi a braccetto. Le giaculatorie, che il gruppo recitava salmodiando, si chiudevano col ritornello infinito: “Requie, repuoso, refrische, cunzuolo” (= “Pace, riposo, rinfreschi, conforto”.

I “refrischi” sono le preghiere per i morti; il “cunzuolo” è il pranzo che si manda alla famiglia del defunto). In tempi più remoti le donne, dopo aver pregato fino a mezzanotte, dormivano sulle tombe e all’alba cercavano di ricordare i sogni che avevano fatto; oppure attendevano le “visioni”, che potevano essere un cane che latrava, il raglio di un asino, il lampeggiare di un fulmine, una processione di ombre, un gesuita sull’albero, l’apparizione di fuochi fatui. Poteva anche capitare che le madri battessero i loro bambini, per cercare dei segni negli strilli provocati dal dolore.

Verso la fine dell’Ottocento il cimitero veniva chiuso di sera e le donne attendevano le visioni fuori del cancello.

(tratto da: Italian Culture on the Net

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